Nei giorni scorsi l'editore Jaca Book ha ristampato nella collana "Saggi letteratura" La Divina Commedia. Percorsi e metafore di Valeria Capelli* edito nel 1994 e ristampato una prima volta nel 2002. Nella pagina web dello stesso editore l'opera è così presentata:
«Ciò che caratterizza Dante, ciò che struttura la sua identità, così potente da costituire un archetipo per l’uomo europeo e per l’uomo di ogni tempo, è la forza della memoria. La memoria è ciò che permette a Dante di pensare la sua vita e la storia in termini di significato. È proprio questa libertà di pensiero che le avventure ideologiche degli ultimi due secoli sembrano aver sottratto all'uomo contemporaneo, diventato, dopo tanta presunta autosufficienza e tanto trionfale storicismo, un enigma a se stesso. L’essenza della poesia di Dante è la vibrazione, l’emozione profonda, lo stupore senza fine che provoca l’incontro con una realtà che «sobranza», che evoca qualcosa d’altro: la misteriosa Presenza che corrisponde finalmente all'anelito del cuore. Il sobbalzo che la percezione del Dio vivente provoca e la potenza unificante del tempo e dello spazio che da tale percezione deriva nel linguaggio cristiano si chiamano memoria. Vale la pena rileggere Dante, sperimentare l’alta meraviglia che la sua poesia lascia nel cuore, anche per ritrovare questa capacità di memoria che strappa la vita al non senso e la rende un viaggio carico di significato, di certezza, come quello del divino Poeta».
Non è facile affrontare Dante soprattutto perché, rispetto al suo sistema espressivo e semantico, è come se si parlasse, almeno comunemente, una specie di orwelliana neolingua, che ignora le istanze più vere dell'intelligenza e del cuore.
La poesia dantesca, al contrario, è linguaggio dell'essere che illumina profeticamente la realtà; e proprio il suo profondo spessore realistico è la radice della sua ineguagliabile bellezza.
Fiore sublime di una cultura unitaria che era in primo luogo un modo di essere, e di essere in rapporto alla totalità del reale, la Commedia è l'opera più impegnativa che mai sia esistita, a prescindere dai testi sacri.
Come Enea, come san Paolo, Dante sa di avere una grande missione da svolgere sulla terra (analoga comunque al compito di ogni cristiano): rivelare di nuovo agli uomini dimentichi il disegno di Dio, indurli alla conversione della vita.
Come sant'Agostino nella Confessioni, egli non fa che ricordare l'evento a lui stesso accaduto: la sua conversione.
Questo evento personale è in relazione, per sua natura, con tutto e con tutti. Come i costruttori di cattedrali, come i filosofi delle «summae», il Poeta vuole ricondurre l'esistente concreto, nella ricchezza delle sue articolazioni, all'unità del piano divino. Tutto, anche la cosiddetta dottrina - san Tommaso e gli altri filosofi e teologi medievali, san Bernardo e i Vittorini, Boezio e Cicerone, la poesia trobadorica e lo «stil novo», per citare solo alcune componenti della poderosa cultura dantesca - si risolve in una esperienza di vita esaltante ed è fonte di poesia.
Anche i personaggi che Dante incontra all'Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso devono essere posti in relazione con la sua esperienza esistenziale.
Francesca e Piccarda. Farinata e Manfredi, Marco Lombardo e Giustiniano, pur avendo una loro autonoma e ben individuata fisionomia, non possono essere veramente penetrati se non vengono rapportati al cammino di conversione di Dante, a quel «viaggio» che è la struttura portante della Commedia. Solo se si privilegia tale struttura, peraltro, si evidenziano la grande tensione morale e religiosa del Poeta e la sua fede saldamente cattolica, tutta protesa al riconoscimento di Dio fattosi presenza nella storia, di Dio che nella Chiesa si accompagna alla vicenda esistenziale dell'uomo.
Alla luce di questa prospettiva integralmente umana e cristiana - che richiede una partecipazione, una compromissione del lettore per essere intesa, come avverte più volte Dante stesso - si possono tentativamente cogliere i vari aspetti di una costruzione così organica e complessa, aspetti fra i quali appaiono determinanti le figure di Beatrice e di Virgilio, più strettamente legate al viaggio del Poeta.
La prima parte del presente lavoro intende offrire le linee prospettiche generali per una lettura che privilegi i personaggio Dante; la seconda, la terza e la quarta, dedicate ai canti più famosi o significativi dell'«Inferno», del «Purgatorio» e del «Paradiso», intendono evidenziare l'acquisto di sé che Dante, per grazia di Dio, viene operando attraverso i vari incontri e il valore di metafora esistenziale che i personaggi incontrati assumono in un grandioso e complesso orizzonte storico, attraversato dai maggiori problemi religiosi, culturali e politici del loro e di ogni tempo.
Ancora una annotazione.
Questo lavoro nasce da una lunga esperienza di insegnamento nei licei e da un antico amore per l'opera dantesca: amore sorretto e guidato dall'incontro con alcuni grandi critici, in parte anche filosofi e teologi (dall'Auerbach al Singleton, al Guardini, al Gilson, al Nardi, al von Balthasar, ecc.), i quali hanno messo in evidenza soprattutto le radici culturali dell'esperienza umana e cristiana che la Commedia testimonia, ritrovando lo spessore semantico della parola poetica dantesca e quindi illuminandone la bellezza.
La presente opera, proprio per il privilegio dato agli aspetti culturali ed esistenziali, si propone come aiuto a una lettura della Commedia che permetta di evitare un approccio frammentato, sempre arido anche se altamente specialistico e di fare un reale incontro con Dante.
Forlì, 8 settembre 1993
«Ciò che caratterizza Dante, ciò che struttura la sua identità, così potente da costituire un archetipo per l’uomo europeo e per l’uomo di ogni tempo, è la forza della memoria. La memoria è ciò che permette a Dante di pensare la sua vita e la storia in termini di significato. È proprio questa libertà di pensiero che le avventure ideologiche degli ultimi due secoli sembrano aver sottratto all'uomo contemporaneo, diventato, dopo tanta presunta autosufficienza e tanto trionfale storicismo, un enigma a se stesso. L’essenza della poesia di Dante è la vibrazione, l’emozione profonda, lo stupore senza fine che provoca l’incontro con una realtà che «sobranza», che evoca qualcosa d’altro: la misteriosa Presenza che corrisponde finalmente all'anelito del cuore. Il sobbalzo che la percezione del Dio vivente provoca e la potenza unificante del tempo e dello spazio che da tale percezione deriva nel linguaggio cristiano si chiamano memoria. Vale la pena rileggere Dante, sperimentare l’alta meraviglia che la sua poesia lascia nel cuore, anche per ritrovare questa capacità di memoria che strappa la vita al non senso e la rende un viaggio carico di significato, di certezza, come quello del divino Poeta».
PREFAZIONE
Non è facile affrontare Dante soprattutto perché, rispetto al suo sistema espressivo e semantico, è come se si parlasse, almeno comunemente, una specie di orwelliana neolingua, che ignora le istanze più vere dell'intelligenza e del cuore.
La poesia dantesca, al contrario, è linguaggio dell'essere che illumina profeticamente la realtà; e proprio il suo profondo spessore realistico è la radice della sua ineguagliabile bellezza.
Fiore sublime di una cultura unitaria che era in primo luogo un modo di essere, e di essere in rapporto alla totalità del reale, la Commedia è l'opera più impegnativa che mai sia esistita, a prescindere dai testi sacri.
Come Enea, come san Paolo, Dante sa di avere una grande missione da svolgere sulla terra (analoga comunque al compito di ogni cristiano): rivelare di nuovo agli uomini dimentichi il disegno di Dio, indurli alla conversione della vita.
Come sant'Agostino nella Confessioni, egli non fa che ricordare l'evento a lui stesso accaduto: la sua conversione.
Questo evento personale è in relazione, per sua natura, con tutto e con tutti. Come i costruttori di cattedrali, come i filosofi delle «summae», il Poeta vuole ricondurre l'esistente concreto, nella ricchezza delle sue articolazioni, all'unità del piano divino. Tutto, anche la cosiddetta dottrina - san Tommaso e gli altri filosofi e teologi medievali, san Bernardo e i Vittorini, Boezio e Cicerone, la poesia trobadorica e lo «stil novo», per citare solo alcune componenti della poderosa cultura dantesca - si risolve in una esperienza di vita esaltante ed è fonte di poesia.
Anche i personaggi che Dante incontra all'Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso devono essere posti in relazione con la sua esperienza esistenziale.
Francesca e Piccarda. Farinata e Manfredi, Marco Lombardo e Giustiniano, pur avendo una loro autonoma e ben individuata fisionomia, non possono essere veramente penetrati se non vengono rapportati al cammino di conversione di Dante, a quel «viaggio» che è la struttura portante della Commedia. Solo se si privilegia tale struttura, peraltro, si evidenziano la grande tensione morale e religiosa del Poeta e la sua fede saldamente cattolica, tutta protesa al riconoscimento di Dio fattosi presenza nella storia, di Dio che nella Chiesa si accompagna alla vicenda esistenziale dell'uomo.
Alla luce di questa prospettiva integralmente umana e cristiana - che richiede una partecipazione, una compromissione del lettore per essere intesa, come avverte più volte Dante stesso - si possono tentativamente cogliere i vari aspetti di una costruzione così organica e complessa, aspetti fra i quali appaiono determinanti le figure di Beatrice e di Virgilio, più strettamente legate al viaggio del Poeta.
La prima parte del presente lavoro intende offrire le linee prospettiche generali per una lettura che privilegi i personaggio Dante; la seconda, la terza e la quarta, dedicate ai canti più famosi o significativi dell'«Inferno», del «Purgatorio» e del «Paradiso», intendono evidenziare l'acquisto di sé che Dante, per grazia di Dio, viene operando attraverso i vari incontri e il valore di metafora esistenziale che i personaggi incontrati assumono in un grandioso e complesso orizzonte storico, attraversato dai maggiori problemi religiosi, culturali e politici del loro e di ogni tempo.
Ancora una annotazione.
Questo lavoro nasce da una lunga esperienza di insegnamento nei licei e da un antico amore per l'opera dantesca: amore sorretto e guidato dall'incontro con alcuni grandi critici, in parte anche filosofi e teologi (dall'Auerbach al Singleton, al Guardini, al Gilson, al Nardi, al von Balthasar, ecc.), i quali hanno messo in evidenza soprattutto le radici culturali dell'esperienza umana e cristiana che la Commedia testimonia, ritrovando lo spessore semantico della parola poetica dantesca e quindi illuminandone la bellezza.
La presente opera, proprio per il privilegio dato agli aspetti culturali ed esistenziali, si propone come aiuto a una lettura della Commedia che permetta di evitare un approccio frammentato, sempre arido anche se altamente specialistico e di fare un reale incontro con Dante.
Forlì, 8 settembre 1993
* Valeria CAPELLI dal 1970 ha insegnato lettere italiane e latine al Liceo Scientifico di Forlì, collaborando con centri culturali di varie città e centri di didattica e di sperimentazione come animatrice di corsi di aggiornamento per insegnati e di corsi per maturandi. Presso Marietti 1820 ha pubblicato nel 2006 le Letture dantesche tenute nella pieve di Polenta e nella Basilica di San Mercuriale in Forlì (1996-2005)
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