Nell’ambito della 44ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Bologna, 7-10 ottobre 2004), venerdì 8 ottobre 2004, presso il Teatro Duse della città felsinea, il Gruppo FMR-ART’E’ ha offerto ai convegnisti lo spettacolo “Umana, Divina”, viaggio al femminile nella Commedia dantesca, atto unico condotto da Lella Costa con i Kataklò e Antonella Ruggiero per la regia di Roberto Tarasco.
Alla Settimana lo stesso Gruppo ha riservato ampi spazi del n. 5/2004 della propria rivista d’arte, cultura e comunicazione ART’E’ da cui ricaviamo un interessante intervento dell'allora Arcivescovo metropolita di Bologna Mons. Carlo Caffarra sul valore dell’opera dantesca per la formazione dell’Europa e dell’uomo occidentale.
Alla Settimana lo stesso Gruppo ha riservato ampi spazi del n. 5/2004 della propria rivista d’arte, cultura e comunicazione ART’E’ da cui ricaviamo un interessante intervento dell'allora Arcivescovo metropolita di Bologna Mons. Carlo Caffarra sul valore dell’opera dantesca per la formazione dell’Europa e dell’uomo occidentale.
Lo smarrimento dell’uomo nell'universo nel quale si trova immerso è il suo attuale dramma esistenziale. È uno smarrimento a livello conoscitivo: ha guadagnato il mondo intero e ha perduto la propria anima. Non sa più che cosa sia bene e che cosa sia male. Si è disperso nel labirinto delle sue scoperte, senza poter ritrovare la “diritta via” che conduce alla sua città, alla sua casa. La paura lo paralizza, la sfiducia gli toglie le ultime energie, la mancanza di speranza lo chiude nei deserti dell’angoscia. Non sa più neppure che cosa chiedere, vivendo pieno di cose e privo di senso.
È compito della Chiesa andare a cercare quest’uomo per spiegargli chi è, da dove viene, qual è la sua meta, qual è il suo destino eterno.
La fede del popolo di Dio, nel fluire dei secoli, è stata capace di esprimere degli itinerari sapienziali, che rimangono vere miniere di ricchezza spirituale: la Divina Commedia, è una di queste, forse la fondamentale. L’umanesimo italiano che ha improntato di sé l’intera Europa e lo spirito europeo, non sarebbe comprensibile senza la genialità artistica e culturale di Dante.
Nella Commedia si compendia tutto l'itinerario sapienziale che parte dalla condizione smarrita dell’uomo e lo porta all'apice della conoscenza che è l'esperienza mistica, cioè alla contemplazione di quella “nostra effige” che si trova all'interno della vita trinitaria. Prima è Virgilio, simbolo della ragione umana, che guida e conduce, poi Beatrice, simbolo della sapienza divina, che fa salire fino alla massima conoscenza dell'uomo nuovo, quindi Bernardo che introduce l’uomo nel Mistero, attraverso la mediazione mariana.
Nella prospettiva dell'umanesimo dantesco è di grande rilevanza lo stile della “cortesia”, che è manifestato dalla figura femminile “onesta”, che cioè introduce con “gentilezza” nel ritmo interno della “corte”. D'altronde tutto il grande sviluppo dell'umanesimo italiano ha avuto i suoi centri vitali nella città e nelle corti dei principi, che si sono circondati delle migliori intelligenze presenti nel loro tempo.
E le figure femminili emergenti sono sempre state determinanti rispetto al clima di tali centri di convergenza culturale. L'umanesimo dantesco ha però come chiaro riferimento la “Corte celeste” che è tutta improntata dall'Amore di Dio, dalla carità, che si dispiega nel tempo come multiforme sapienza capace di disporre con dolcezza tutte le cose (cfr. Sap 8,1). È uno stile amabile, nobile, che disarma le contese, che vince le inimicizie, contro cui la malvagità non può prevalere (cfr. Sap 7, 9).
Potremmo dire che è da questo divino “dolce stil novo” che discende la più alta ispirazione dello stile dell'umanesimo italiano.
In realtà, è lo “stile cristiano”, di cui ogni uomo avverte la rincuorante soavità, e che diventa premurosa guida nel cammino dell'anima dallo smarrimento della “selva oscura” fino alla contemplazione dell'umanità nuova, irradiata dalla luce divina.
La fiducia che la convivenza umana possa ritrovare la sua armonia fraterna in uno stile dolce e pacato nasce dalla chiara consapevolezza che c’è una “corte divina”, mossa in modo vario dall'unico Amore del Padre celeste, da cui può discendere la luce necessaria e l'aiuto opportuno per uscire da questa “selva selvaggia e aspra e forte”, nella quale la nostra umanità si è smarrita, ritrovando la guida di una ragione purificata, rinvigorita e illuminata dalla Sapienza divina, unificata e unificante.
Per questo Dante rimane un maestro sommo dello spirito, che ha segnato con un marchio indelebile l'intera civiltà europea.
* Carlo CAFARRA nasce a Samboseto di Busseto il 1° giugno 1938. Ordinato presbitero il 2 luglio 1961, a Roma conseguì il dottorato in diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e il diploma di specializzazione in teologia morale all'Accademia alfonsiana. Membro della Commissione teologica internazionale fu chiamato da papa Giovanni Paolo II a fondare e presiedere il Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Il 16 dicembre 2003 lo stesso Pontefice lo nomina arcivescovo metropolita di Bologna. Nel concistoro del 24 marzo 2006 papa Benedetto XVI lo crea cardinale, assegnandogli il titolo di San Giovanni Battista dei Fiorentini. Il 26 maggio 2013, al compimento del 75° anno di età, presenta la rinuncia al governo pastorale dalla diocesi, ma papa Francesco lo confera nell'ufficio per altri due anni, accettandone poi le dimissioni il 27 ottobre 2015. Muore a Bologna il 6 settembre 2017.
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